I PROBLEMI
CHE PONE L´EPOCA DEL MULTICULTURALISMO
È vero: ci troviamo ormai sempre a un bivio. A cosa serve negarlo? Ciò
corrisponde alla nostra condizione storica, quella che dobbiamo assumere pena
il tradimento della nostra umanità. Siamo ormai a ogni momento fuori dalla
casa, all’aperto, incontrando e confrontandoci con realtà strane per cui
dobbiamo inventare nuovi gesti, nuove parole, nuovi atteggiamenti. Ammesso che
siamo ancora talvolta al caldo e a coccolarci in un ambito familiare, appena
usciamo per strada, ci troviamo in croce, cioè a un bivio.
Se non si tratta di un supplizio fisico, la responsabilità spirituale che ci
aspetta qui non è poca. E non ci dà tregua, sia che incrociamo uno straniero
nella metropolitana o nel bus, sia che ci confrontiamo con un´altra cultura
nella sfera delle nostre conoscenze o convinzioni, sia che ci misuriamo con un
altro modo di fare e di dire all´interno della nostra tradizione dove le cose
si sono molto evolute in poco tempo.
Siamo sempre costretti a rivalutare il
nostro modo di essere, di pensare, di esprimerci. Si può quindi capire che un
padre di famiglia abbia voglia di proteggere i suoi figli da questo stare
sempre sulla breccia. Ma temo che questo faccia ormai parte della nostra vita
quotidiana, e che negarlo equivalga a sottrarsi alle proprie responsabilità, al
proprio dovere, direi. Certo, non si tratta di sostituire alla
nostra verità passata una moltitudine di verità più o meno equivalenti fra loro.
Se fosse così, non ci sarebbe un reale bivio né una pena nello scegliere.
Spesso si fa oggi confusione fra una verità passata, unica, spezzettata e la pluralità che stiamo affrontando. Si fa
confusione fra una pluralità voluta da certi ricercatori, anzitutto filosofi,
in seno alla nostra tradizione per chiamare in causa i suoi assoluti ideali e
perfino idoli, e la pluralità che la nostra epoca multiculturale ci svela, ci
impone a livello della verità. Non si può confondere una cosa con l´altra,
anche se l´una talvolta può aiutare a capire un po´ meglio l´altra.
Ciò nonostante trasformare una verità unica in verità molteplici rischia di
conservare intatta la verità passata o di sostituirla con una peggiore, oppure
può portare a un cattivo nichilismo. Distruggere
un sistema di valori necessita di sostituirlo con un altro migliore.
Questo era l´obiettivo dell´opera di
Nietzsche, di cui si ritiene il più delle volte solo l´aspetto critico e non il
motivo della critica: mettere in causa, per andare oltre, lo spirito di
risentimento e di vendetta alla base della nostra cultura. Fermandosi alla
critica, molti utilizzano i testi di Nietzsche contro lo stesso Nietzsche,
facendo della critica una nuova arma al servizio dello spirito di risentimento
e di vendetta. La volontà di Nietzsche era piuttosto di superarlo, e di
riaprire l´orizzonte della nostra tradizione per accogliere la vita in tutte le
sue manifestazioni, per assentire a tutto ciò che vive.
La volontà di Nietzsche era di passare oltre alle nostre chiusure e
dire "sì" a ogni essere vivo che viene incontro.
Il messaggio di Nietzsche era una parola
di vita e di amore. Ma, come ha detto lui, aveva bisogno di una donna per
portarlo più in là di quanto non abbia potuto fare da solo. Senza dubbio, il suo cammino lo conduceva ad aprirsi alla
pluralità, non come spezzatura di una verità passata ma come accoglienza alle
molteplici incarnazioni della vita. Superare la nostra cultura significava
per lui uscire dalla convinzione che la nostra verità passata sia definitiva e
metterci all´ascolto degli altri esseri viventi per poter continuare il nostro
divenire umano oltre al risentimento e la vendetta.
Nulla qui, mi pare, di un relativismo nichilista di cui Nietzsche sarebbe in
qualche modo il responsabile. Questo relativismo è piuttosto il risultato di
un´incomprensione o un rifiuto dell´apertura alla vita che Nietzsche proponeva
come via di salvezza, cioè della necessità di andare oltre la nostra concezione
ristretta dell´umanità, della nostra interpretazione troppo moralistica della
vita del Cristo, del nostro fermarci alla ripetizione del passato senza
costruire un futuro dove la nostra umanità sia più compiuta. Per incamminarci nella via di questo
futuro, essere attenti alla parte della strada percorsa da altri può esserci di
aiuto, anche per capirci. Rifiutare l´apertura ad altre culture e tradizioni
equivarrebbe a una diffidenza rispetto alla nostra, a una paura di scoprire che
essa non sia valida. Interrogarle come il partorire e il crescere dell´umano
nella sua diversità e nelle proprie traversate del deserto, sembra più
spirituale come atteggiamento. E sembra meglio che giocare a spartire noi
stessi la nostra verità per fingere di condividerla con parecchi.
Certo, ci troviamo così sempre a un bivio, incrociando l´altro nel rispetto
delle nostre differenze. Ma questa è forse la croce che abbiamo oggi da vivere
in noi stessi, in un modo poco visibile. Sarebbe augurabile condividerla con
l´altro a ogni bivio del cammino, e portare insieme più avanti lo sbocciare
della nostra umanità.
di Luce Irigaray da Repubblica - 26 aprile 2005
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