mercoledì 6 novembre 2013

Che disgusto la TV di Karl Popper

Se riflettiamo sulla storia della televisione, vediamo che, nei suoi primi anni, essa era abbastanza buona. Non c' erano le cattive cose che sono arrivate dopo, offriva buoni film e altre cose discrete. La ragione di questo sta in parte nel fatto che all'inizio non c' era competizione o, per lo meno, ce n'era molto poca e che anche la domanda non si era ancora estesa. Perciò la produzione poteva essere più selettiva. 
E' interessante notare che cosa dicono a questo proposito coloro che producono tv. In occasione di una lezione che ho tenuto in Germania non molti anni fa ho incontrato il responsabile di una televisione, che era venuto ad ascoltarmi, insieme ad alcuni collaboratori. Non ne faccio il nome per non personalizzare il caso. Ebbi con lui una discussione durante la quale sostenne alcune orribili tesi, nella cui verità egli naturalmente credeva. Diceva per esempio: "Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole", come se si potesse sapere quello che la gente vuole dalle statistiche sugli ascolti delle trasmissioni. Quello che possiamo ricavare da lì sono soltanto indicazioni circa le preferenze tra le produzioni che sono state offerte. (...) 
Egli credeva che le sue tesi fossero sostenute dalle "ragioni della democrazia" e si riteneva costretto ad andare nella direzione che sentiva come l'unica che lui era in grado di comprendere, nella direzione che sosteneva essere "la più popolare". Ora, non c' è nulla nella democrazia che giustifichi le tesi di quel capo della tv, secondo il quale il fatto di offrire trasmissioni a livelli sempre peggiori dal punto di vista educativo corrispondeva ai principi della democrazia "perché la gente lo vuole". Ma in questo modo saremo costretti ad andare tutti al diavolo! 
Nella democrazia, come ho sostenuto altre volte, non c'è nient' altro che un principio di difesa dalla dittatura, ma non c' è neppure nulla che dica, per esempio, che la gente che dispone di più conoscenza non debba offrirne a chi ne ha di meno. Al contrario la democrazia ha sempre inteso far crescere il livello dell' educazione; è questa, una sua vecchia, tradizionale aspirazione. Le idee di quel signore non corrispondono per niente all'idea di democrazia, che è stata ed è quella di far crescere l' educazione generale offrendo a tutti opportunità sempre migliori. Invece i principi che lui mi ha illustrato hanno come conseguenza che si offrono all'audience livelli di produzione sempre peggiori e che l' audience li accetta purché ci si metta sopra del pepe, delle spezie, dei sapori forti, che sono per lo più rappresentati dalla violenza, dal sesso e dal sensazionalismo. 
Il fatto è che più si impiega questo genere di spezie più si educa la gente a richiederne. E dal momento che questo tipo di intervento è il più facile a capirsi da parte dei produttori e quello che produce una più facile reazione da parte dell' audience, si determina una situazione per cui si smette di pensare a interventi più difficili. Basta prendere la scatola del pepe e metterlo nelle trasmissioni. Così un responsabile televisivo può pensare che il problema sia risolto. E questo è quello che è accaduto anno dopo anno da quando la televisione è partita: spezie più forti sul cibo preparato perché il cibo è cattivo e con più sale e più pepe si cerca di passar sopra anche a un sapore disgustoso. (...) 

Otto anni fa, con una lezione, avevo sostenuto la tesi che stiamo educando i nostri bambini alla violenza e che se non facciamo qualcosa la situazione necessariamente si deteriorerà perché le cose si muovono sempre nella direzione della minor resistenza. In altre parole si va sempre dalla parte che risulta più facile, quella in cui uno si aiuta a superare un problema riducendo le costrizioni del lavoro. Quelle spezie di cui abbiamo parlato sono il mezzo che i produttori di tv hanno più facilmente a disposizione per aiutarsi, sono il congegno sperimentato che è sempre in grado di catturare l' audience. E se l' audience se ne stanca, basta aumentare le dosi. Si tratta di un meccanismo che probabilmente ripartirebbe anche qualora si spingesse la situazione indietro. 
Non conosco la televisione italiana, ma è così in Gran Bretagna ed anche in America. C' è ormai un discreto numero di casi in cui responsabili di atti criminali hanno ammesso di aver ricevuto ispirazione per i loro crimini dalla televisione. Ed è stato clamoroso il caso di due ragazzi, di dieci anni e mezzo, che a Liverpool hanno rapito e ucciso senza alcun motivo un bambino di due anni nel febbraio del 1993. Il fatto determinò un grandissimo interesse e allarme: si trattava di un tipo di depravazione di cui difficilmente si potevano trovare dei precedenti. Si è molto discusso collegando quell'episodio anche alla televisione, ma sono venuti diversi esperti a sostenere che, psicologicamente, era un errore fare quel collegamento. (...) 
Nel rapporto tra bambini e televisione noi ci troviamo di fronte a un problema evolutivo: i bambini vengono a questo mondo strutturati per un compito, quello di adattarsi al loro ambiente. Per quanto ne so io, questa formulazione, molto semplice, non era stata finora portata dentro la discussione sul problema della tv. In altre parole, nel loro intero equipaggiamento per la vita, i bambini sono attrezzati in modo da potersi adattare ai diversi ambienti che troveranno intorno a loro. Essi sono perciò dipendenti, in misura considerevole, nella loro evoluzione mentale dal loro ambiente e ciò che chiamiamo educazione è qualcosa che influenza questo ambiente in un modo che giudichiamo buono per lo sviluppo di questi bambini. (...) 
Adesso la violenza in casa è sostituita ed estesa dalla violenza che appare sullo schermo televisivo. E' attraverso questo mezzo che essa viene messa davanti ai bambini per ore ogni giorno. La mia esperienza mi porta a considerare questo punto molto importante, direi decisivo. La televisione produce violenza e la porta in case dove altrimenti violenza non ci sarebbe. (...) 
Illustrerò allora brevemente la mia proposta, per la quale ho adottato il modello fornito dai medici e dalla forma di controllo generalmente istituita per la loro disciplina. (...) Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi. Questa è la via attraverso la quale io vorrei che si introducesse finalmente una disciplina in questo campo. Chiunque faccia televisione deve necessariamente essere organizzato, deve avere una patente. E chiunque faccia qualcosa che non avrebbe dovuto fare secondo le regole dell' organizzazione, e sulla base del giudizio dell' organizzazione, può perdere questa patente. L' organismo che avrà la facoltà di ritirare la patente sarà una sorta di Corte. (...) Questa supervisione costante è qualcosa di molto più efficace della censura, anche perché la patente, nella mia proposta, deve essere concessa solo dopo un corso di addestramento al termine del quale ci sarà un esame. (...) La democrazia consiste nel mettere sotto controllo il potere politico. Non ci dovrebbe essere alcun potere politico incontrollato in una democrazia. Ora, è accaduto che questa televisione sia diventata un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche il più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla. E così sarà se continueremo a consentirne l' abuso. (...) Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà stato pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi (...).
di Karl Popper da Repubblica 17 settembre 1994

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